lundi 22 mars 2010

clima e guerre civili (conflitti) : dibattito aperto

Nonostante le numerose affermazioni su una correlazione fra cambiamenti climatici e guerre civili, finora si disponeva di ben pochi dati quantitativi che collegassero i due tipi di eventi APPROFONDIMENTIL'agricoltura di fronte ai cambiamenti climatici I cambiamenti climatici in atto provocheranno molto verosimilmente un aumento del 50 per cento dei conflitti nell'Africa sub-sahariana entro il 2030. E' questa la conclusione di uno studio condotto da ricercatori dell'Università della California Berkeley della Stanford University, della New York University e dell'Università di Harvard, pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS). Si tratta della prima ricerca che fornisce dati accurati che correlano i cambiamenti climatici al rischio di guerre civili in Africa. "Nonostante le numerose affermazioni su una correlazione fra cambiamenti climatici e guerre civili, finora disponevamo di ben pochi dati quantitativi che collegassero i due tipi di eventi", spiega Marshall Burke, che ha diretto lo studio. "Sfortunatamente il nostro ha trovato un aumento del rischio di guerre civili in Africa del 50 per cento nel 2030 rispetto al 1990, con costi umani potenzialmente enormi." "Noi stessi siamo rimasti sorpresi dalla forza del legame fra temperature e conflitti" ha commentato Edward Miguel, economista dell'UC a Berkeley. "Ma il risultato ha senso. La maggior parte dei paesi africani dipende dall'agricoltura per la propria sopravvivenza, e le messi sono molto sensibili anche a piccoli cambiamenti di temperatura. Quando la temperatura sale, la probabilità che molti in Africa ne risentano è notevole, e questo rende più probabile che qualcuno decida di prendere le armi." Nello studio i ricercatori hanno combinato i dati storici sulle guerre civili nell'Africa sub-sahariana con le registrazioni relative alle precipitazioni e alle temperature del continente, scoprendo che fra il 1980 e il 2002 i conflitti scoppiavano molto più facilmente negli anni con temperature medie superiori, con una correlazione di un aumento di probabilità del 50 per cento per grado Celsius. Applicando questi dati alle proiezioni sull'andamento delle temperature e delle precipitazioni risultanti da 20 modelli climatologici, hanno trovato che l'incidenza delle guerre civili potrebbe aumentare del 50 per cento entro il 2030, con un sovrappiù di morti in questi conflitti di 390.000 unità. "In media per il continente africano i modelli prevedono entro il 2030 un aumento di poco più di un grado. E la correlazione storica riscontrata fra temperatura e conflitti è abbastanza forte da far prevedere un loro reale aumento", ha detto David Lobell, coautore dello studio. Per controllare che i risultati non fossero determinati da un eccesso di fiducia in qualche particolare modello o dall'effetto di eventi particolarmente cruenti avvenuti in pochi paesi, i ricercatori hanno anche ricalcolato le proiezioni in modo da eliminare di volta in volta il peso di singoli eventi. "Quale che fosse la variazione - differenti registrazioni climatiche, differenti modelli di proiezione o differenti sottogruppi di dati sui conflitti - abbiamo sempre ottenuto sostanzialmente gli stessi risultati", ha spiegato Lobell.

Fonte: http://www.pnas.org/content/106/49/20670

Un serbatoio contro l'effetto serra

Il biossido di carbonio potrebbe essere conservato, sotto forma di gas idrato, in falde acquifere a bassa temperatura PAROLE CHIAVEgas idrati I ricercatori dell'Università di Leicester in collaborazione con quelli della British Geological Society (BGS) hanno proposto di immagazzinare il CO2 in grandi serbatoi e hanno anche identificato i siti in Europa occidentale che potrebbero fare al caso. La ricerca, pubblicata sulla rivista >, rivela che il CO2 può essere conservato in falde acquifere a bassa temperatura, dove può rimanere senza rischi per molte migliaia di anni. Secondo quanto si legge nell?articolo, infatti, immagazzinare il biossido di carbonio sotto forma di gas idrato allo stato solido o in bacini di gas liquido al di sotto di una copertura di sedimenti idrati cementati potrebbe rappresentare un metodo di sequestro geologico alternativo alle attuali ipotesi di immagazzinamento in sedimenti profondi e ?caldi? nel Mare del Nord. Quando gas e acqua vengono raffreddati notevolmente e ad alta pressione, i gas idrati che si formano assumono un aspetto di minerali cristallini simili al ghiaccio. Sebbene i gas idrati siano stati scoperti per la prima volta due secoli fa, il loro possibile sfruttamento come mezzo per risolvere i problemi del cambiamento climatico, come pure l?eventuale impiego degli idrati di metano come futura fonte di energia, è stato suggerito solamente da poco tempo."Le ricerche sugli idrati naturali di metano - ha commentato Mike Lovell, del Dipartimento di geologia dell?Università di Leicester ? ci aiuternno a comprendere il loro ruolo in quanto rischio naturale, mentre gli idrati di biossido di carbonio sono un potenziale ?pozzo? per l?assorbimento delle emissioni gassose. Il lavoro, inoltre, ha potenziali applicazioni in altri campi, a partire dagli studi in ambito astrofisico sui possibili idrati presenti su altri corpi planetari.?

La persistenza del particolato di uranio

Le misurazioni di spettroscopia di massa hanno invece mostrato che il livello di contaminazione nei pressi della sorgente era di alcune centinaia di volte più elevato del livello di base Una ricerca congiunta del Dipartimento di geologia dell?Università di Leicester, nel Regno Unito e del British Geological Survey ha riscontrato la presenza di particolato di ossido di uranio sopravvissuto 25 anni nell?ambiente, e la contaminazione di uranio impoverito a circa 6 chilometri dal punto di rilascio. L'uso di munizioni all?uranio impoverito da parte di truppe statunitensi e britanniche in combattimento aveva sollevato molte proteste alcuni anni fa, all?epoca dell?intervento in Iraq. In seguito all?impatto con le armature degli obiettivi, infatti, si produce particolato di uranio ? debolmente radioattivo e chimicamente tossico - che può essere facilmente inalato. Finora, tuttavia, nessuna ricerca è riuscita a documentare la correlazione significativa tra l?esposizione a tale sostanza e l?insorgenza di disturbi o patologie. Una risposta parziale - anche se limitata alla presenza di contaminanti nell'ambiente - viene ora da uno studio circa la persistenza nell?ambiente di una quantità nota di uranio. Nel corso degli anni sessanta e settanta, infatti, vennero emesse in atmosfera circa 5 tonnellate di uranio, in un?area residenziale nei pressi di Colonie, nello Stato di New York. I ricercatori guidati da Randall Parrish, docente di geologia dell?Università di Leicester, hanno raccolto centinaia di campioni di suolo e polvere nello mese di luglio dello scorso anno. Gli stessi campioni, esaminati in seguito grazie a tecniche di microscopia elettronica a scansione, hanno rivelato la presenza di particolato con diametro micrometrico ricco di uranio. Le misurazioni di spettroscopia di massa hanno invece mostrato che il livello di contaminazione nei pressi della sorgente era alcune centinaia di volte più elevato del livello di base. La contaminazione, inoltre, raggiungeva i 35 centimetri di profondità nel sottosuolo e un raggio di 5,8 chilometri di distanza dal sito.

Storia geologica degli tsunami

Negli strati di terra sotto le sabbie costiere vi sono tracce di altri tre tsunami catastrofici che hanno interessato il Sud Est asiatico negli ultimi 2800 anni. "Molti nel Sud Est asiatico credono, o vorrebbero credere, che uno tsunami come quello del 2004 non si verificherà mai più, ma in realtà la zona ha una storia di tsunami rari e catastrofici", dice Kruawun Jankaew, geologo della Chulalongkorn University, in Thailandia, che ha condotto con Brian Atwater, dell'Università di Washington, uno studio sulla storia geologica degli tsunami nel Sud Est asiatico, ora pubblicata su "Nature". I ricercatori hanno trovato dati di precedenti tsunami grazie a perforazioni in 150 siti su un isola situata a 250 chilometri dalla nota località turistica di Phuket, interessata dallo tsunami del 2004 generato da un terremoto sottomarino di magnitudo 9,2 verificatosi 500 chilometri più a occidente. In venti siti i ricercatori hanno trovato strati di sabbia bianca di circa una decina di centimetri alternati da strati di scuro suolo torboso. Testimoni hanno confermato che il primo strato superiore, appena sotto la sabbia, era stato lasciato dallo tsunami del 2004. La datazione al radiocarbonio di detriti ritrovati nel secondo strato di sabbia hanno indotto gli scienziati a stimare che un forte tsunami precedente a quello del 2004 deve essersi verificato fra il 1300 e il 1450 d.C. Altre tracce indicano due ulteriori tsunami che devono essere avvenuti fra 2500 e 2800 anni fa. Singolarmente non si hanno resoconti scritti dello tsunami avvenuto fra il 1300 e il 1450, nonostante la zona sia stata visitata all'incirca in quel periodo da diverse spedizioni, come quelle dell'arabo Ibn Battuta e di alcune missioni esplorative militari della flotta cinese della dinastia Ming. "La ricerca dimostra che la geologia degli tsunami, recenti e passati, può aiutarci ad ampliare il catalogo ben al di là dei resoconti storici", ha detto Atwater. Le nuove scoperte possono essere utili anche per le regioni della regione di Cascadia, ovvia quelle che si affacciano sulla costa Pacifica nord occidentale del Nord America, dove i geologi ritengono che a intervalli di centinaia di anni si verifichino catastrofici tsunami generati dalla zona di subduzione della Cascadia.

mardi 9 mars 2010

“Il futuro secondo la nasa,tra catastrofi elettromagnetiche,previsioni e incredibilicoincidenze ”

E’ quasi agghiacciante il servizio su La Stampa (29 marzo 2009) che riporta le previsioni scientifiche della Nasa su quanto ci accadrà nel non lontano 2012. Una catastrofe elettromagnetica colpirà la terra con una colossale bolla di plasma (particelle ad alta energia) che si staccherà dal nostro amato sole e saranno davvero guai per tutti. Non è tanto da ridere, sebbene sono anni che questo 2012 previsto da tanti astronomi e dal calendario Maya, oltre che da tanti “veggenti” cristiani, come l’anno della fine del nostro pianeta, suscita- a volte- preoccupazioni e paure. Non sorridete. Il web pullula di blog e milioni di persone sono terrorizzate. La paura della fine del mondo è sempre in agguato, i profeti di sventure non sono mai mancati e neppure gli ingenui che abboccano. La scienza stessa oggi fatica a distinguersi dalla pseudo-scienza e, con l’aiuto di un giornalismo superficiale, si moltiplicano le catastrofi ipotizzabili sulla base di dati mal compresi. Per esempio, il terrore per l’Anno Mille è una invenzione dei posteri: all’epoca nessuno sapeva in quale anno si vivesse. Molti altri allarmi però sono storicamente documentati: ce ne furono più di cento a cominciare da quello che lanciò nel 992 Bernardo di Turingia. Una caratteristica delle Cassandre è la precisione con cui l’apocalisse viene prevista. Il matematico tedesco Michael Stifel l’annunciò per le 8 di mattina del 18 ottobre 1533, il fanatico religioso William Bell puntò sul 5 aprile 1761. Il primo rischiò il linciaggio, il secondo finì in manicomio. Per caso oggi c’è più tolleranza. Innumerevoli sono le apocalissi previste dai Testimoni di Geova e dai Mormoni. Il sismologo Alberto Porta la calcolò per il 1919, il medico Elio Bianco per il 14 luglio 1960. Nel 1980 Jenser e Gaines, capi di una setta americana, convinsero centinaia di seguaci a chiudersi in un loro bunker ad attendere il giudizio universale. Nel 1992 il reverendo Lee Jang Lim coinvolse 150 mila fedeli coreani nell’isteria della fine del mondo e li truffò per un totale di 4 milioni di dollari (però finì in galera). Al momento la fine del mondo più prossima è attesa per il 21 dicembre del 2012. La data discende da calcoli fatti sul calendario Maya, la catastrofe si verificherebbe per un cambiamento dell’inclinazione dell’asse della Terra rispetto al piano dell’orbita. Un argomento retto dai sostenitori dell’apocalisse Maya è che il campo magnetico della Terra è in graduale diminuzione. Cosa effettiva, ma è anche certo che nelle ere geologiche il campo magnetico si è invertito molte volte, l’ultima 700 mila anni fa. Più fondato è l’allarme per l’asteroide 99942 Apophis (il nome di un dio egizio della distruzione), un corpo roccioso dal diametro di 320 metri che incrocia l’orbita della Terra. Scoperto il 19 giugno 2004, Apophis passerà molto vicino al nostro pianeta il 13 aprile 2029 (un venerdì) e nel 2036, quando si troverà ad appena 36 mila chilometri da noi, la distanza dei satelliti geostazionari. L’impatto sarebbe pari all’esplosione di 65 mila bombe nucleari come quella che distrusse Hiroshima. All’inizio la Nasa stimò la probabilità di collisione in 1 su 300. Effettivamente allarmante. Poi la faccenda si è ridimensionata grazie a dati più precisi e ora si parla di 1 su 45 mila. Ad ogni buon conto l’ex astronauta Rusty Schweickart progetta una task force per deviarlo. L’anno 2000 con la sua cifra tonda ha alimentato soprattutto due paure: il collasso della civiltà per il «baco» dei computer in quanto i vecchi software, indicando la data con due sole cifre, davanti agli zeri sarebbero impazziti, e la catastrofe planetaria dovuta a un allineamento di cinque pianeti. Il “bug”o fu prevenuto e l’allineamento ovviamente non fece danni: i pianeti insieme esercitano un’attrazione che è meno di un millesimo di quella del Sole e della Luna. Negli Anni 80 la fine del mondo da «inverno nucleare», fu molto pubblicizzata dal fisico Antonino Zichichi negli incontri del Centro Majorana di Erice. Gli strateghi architettavano un attacco nucleare globale e il cambiamento climatico avrebbe stroncato anche i pochi sopravvissuti nei rifugi. Apocalissi biologiche si sono temute per le epidemie della malattia di «mucca pazza» e di aviaria. Sulla prima si è esagerato. Nel secondo caso il rischio non è da sottovalutare. Ma finora la peggior pandemia rimane quella della «spagnola» del 1919. Nonostante tutto, siamo ancora qui. E fidatevi: certamente ci saremo ancora dopo il 21 dicembre del 2012, perché l’uomo non può sapere né il giorno, né l’ora della vera apocalisse. Lo disse Gesù ai suoi spaventati interlocutori, Perché non fidarci ancora?Però, voglio raccontarvi qualcosa di tutte le storie predette finora sulla nostra fine. Cominciamo da: Il ciclo solare Inizia il ciclo solare numero 24 che dovrebbe avere il suo picco nel 2012, secondo il fisico solare David Hathaway del Marshall Space Flight Center. I cicli solari sono undecennali e questo in corso è appunto iniziato nel 2001 e si prospetta come il più potente in assoluto. Fin dai tempi di Galileo, da quando sono iniziate le osservazioni telescopiche del Sole, si è scoperta la correlazione tra l’aumento dell’attività solare, con effetti tangibili sul campo magnetico terrestre, e l’incremento delle macchie solari. Ovviamente, 4 dei 5 cicli solari più violenti da quando questi vengono registrati ed osservati, si sono verificati negli ultimi cinquant’anni. Gli scienziati non sanno spiegare tale fatto. Recenti studi, tra cui quelli condotti da Cerruti della Cornwell University di New York, dimostrano chiaramente l’effetto disastroso dell’attività solare sulle trasmissioni radio, satellitari, GPS, con particolare rilievo negli ultimi anni. Habibullo Abdussamatov, capo della sezione ricerche spaziali presso l’Osservatorio Astronomico Pulkovo di San Pietroburgo ha affermato che i dati raccolti su Marte dimostrano che il riscaldamento globale sulla Terra è direttamente legato ai cambiamenti che il nostro Sole sta subendo in questi anni. Infatti le calotte polari di anidride carbonica al Polo Sud di Marte da tre anni a questa parte si stanno assottigliando al pari dei nostri ghiacciai. Ovviamente, la cosiddetta scienza ufficiale rigetta tale teoria. Appoggia in massa le affermazioni “scientificamente fondate” contenute nel documentario voluto da Al Gore. “Inconventient Truth”. Il Per adesso, basti considerare che la teoria del riscaldamento globale cagionato esclusivamente dall’attività umana e delle conseguenti severe misure planetarie da intraprendere sono funzionali al Consiglio Mondiale dei più potenti Stati del pianeta. Il calendario Maya Secondo il calendario Maya, il termine ultimo del Quinto Sole avverrà il 4 Ahaw 3 Kankin (13.0.0.0.0), corrispondente alla data del calendario gregoriano 23 dicembre 2012. Il Quinto Sole, Tonatiuh, è anche l’ultimo, è infatti detto il Sole del Movimento, poiché alla fine del ciclo ci sarà il movimento dell’asse terrestre che farà perire quasi tutta l’umanità. Secondo gli studi di Glatzmaier e Roberts, l’inversione del campo magnetico terrestre si verificherà pressappoco in quella data e, nel momento in cui avverrà tale evento, i Poli si invertiranno. Ma prima, la Terra cesserà di ruotare. – Alcune filosofie orientali come l’I Ching, Il Libro dei mutamenti cinese e la filosofia induista individuano nel 2012 la data finale e lo stesso in credenze indigene. 2012. Il Calendario a Lungo Termine Tutto cominciò con una scoperta nota per decenni sulla cultura che inventò ciò che è noto come il Calendario a Lungo Termine. Sulla pianura del Chiapas, nel Messico, che costeggia il Pacifico, qualche miglia dal confine con il Guatemala, era collocato l’osservatorio astrologico della civiltà Izapa. Alcuni credono che gli Izapa siano stati la cultura di transizione fra la civiltà più antica degli Olmechi e gli emergenti Maya; altri credono che gli Izapa siano stati gli Olmechi. Per quasi mille anni il Calendario a Lungo Termine veniva documentato dagli Izapa su monumenti e vasi di ceramica. La maggior parte delle date si riferisce a eventi locali, mondani, come l’incoronazione di un particolare re. Alcuni dei monumenti a Lungo Termine, però, si riferiscono ad eventi mitologici che erano avvenuti all’inizio della corrente “Era Mondiale” in cui viviamo e che presto avrà fine. Cicli Cronologici Gli studiosi hanno scoperto come il Calendario a Lungo Termine sia correlato con il nostro calendario Gregoriano , così sappiamo che il periodo leggendario dell’inizio della nostra Era Mondiale attuale – quando tutte le cifre vennero azzerate – avvenne l’11 agosto del 3114 a.C. Usando un sistema complesso di Baktun Maya (unità di misure cronologiche) possiamo calcolare quando il loro calendario raggiungerà un nuovo punto zero – essenzialmente ogni 13 Baktun (5125 anni) il Conteggio Lungo ritorna a zero – il tempo calcolato in cui finisce la nostra Era Mondiale attuale ed inizia un nuovo ciclo cronologico. Creazione, Caduta e Resurrezione Diversi monumenti sulla creazione descrivono eventi che ebbero luogo nel 3114 a.C. I testi che accompagnano questi monumenti sulla creazione dichiarano che “la creazione avviene nel Buco Nero”, al “bivio”, e che “l’immagine” comparirà nel cielo. I Maya adottarono il calendario degli Izapa, i miti della creazione e il metodo che conta i cicli cronologici. La ricercatrice Linda Schele scrisse: “Mi resi conto che ogni immagine importante proveniente dal simbolismo cosmico Maya era probabilmente una cartina del cielo… Gli schemi nella Via Lattea e nelle costellazioni erano direttamente connessi con la visione sulla creazione.” La sua intuizione ha aperto la porta alla comprensione della cosmologia e della profezia dei Maya. Per cogliere il messaggio dei Maya dobbiamo sapere qualcosa su come essi vedevano il cielo e come gli eventi nel cielo indicavano tempi di morte, rinascita e il passaggio del tempo per le anime che vivevano in questa galassia e in questo sistema solare. La Via Lattea è la loro immagine più importante nel cielo. Come sappiamo, viviamo nelle parti periferiche della nostra galassia, e la Via Lattea è l’ammasso stellare denso che vediamo quando guardiamo verso il centro della nostra galassia. Essa ci appare come una lunga striscia di stelle nel cielo sopra di noi. Per i Maya, il sorgere, passare e scendere della Via Lattea nel cielo segnava dei punti principali nel ciclo del tempo. Inoltre, parti della Via Lattea e di altre stelle apprezzabili nel nostro cielo hanno un significato particolare nella nostra vita e nella storia dell’umanità e nei regni celesti, i regni degli dei. Per i Maya, le caratteristiche più notevoli della Via Lattea e i cambiamenti nella sua posizione e forma durante la notte rivelano la nostra origine, il nostro passaggio e destino. Esse sono l’Albero della Vita, il Coccodrillo Celestiale che rosicchia l’Albero della Vita; la Canoa Cosmica degli “dei Rematori” che insegue il Coccodrillo; il “cielo sdraiato” o Posto del Sogno Nero, e sette stelle nell’Orsa Maggiore che rappresentano gli egocentrici Sette Macao che tentarono di prendere il posto del Sole. Detto in modo semplificato, il passaggio del cielo racconta la storia del sorgere dell’Albero della Vita al tramonto, seguito dal sorgere dell’egoismo (come si vede nei Sette Macao) il quale porta con sé l’aumento di impulsi inferiori pericolosi che avanzano strisciando (come il serpente maledetto nel Giardino dell’Eden) e attaccano la nascita della vita. Ma questi vengono scacciati dagli dei Rematori, e alla fine l’Albero della Vita rinasce e sorge di nuovo poco prima dell’alba – la storia completa di nascita, caduta e resurrezione della vita. Rinascita nel 2012 L’11 agosto 3114 a.C. ebbe inizio una nuova Era Solare, e rinacque il Signore del Sole. Divinità come Signori della Creazione vengono spesso descritti nell’atto di essere presenti alla rinascita del mondo, compresa quella chiamata Bolon Yokte K’u la quale è intimamente connessa con guerra, conflitti e gli Inferi. Malgrado queste relazioni, Bolon Yokte è un dio spesso presente durante avvenimenti di creazione. Egli viene dipinto su un oggetto di ceramica chiamato Vaso dei Sette Signori il quale contiene la data 3114 a.C., l’inizio del nostro attuale ciclo di 13 Baktun. La data che ci interessa, è l’inizio nel prossimo ciclo di 13 Baktun che avrà luogo il 21 dicembre 2012, la fine del calendario Maya. Una traduzione recente di un testo da Tortuguero, un sito classico dei Maya a nord di Palenque, esplicitamente indica la data del 21 dicembre 2012. Tradotta dall’epigrafista David Stuart, la parte leggibile del testo è: “Alla fine di 13 Baktun, il 4 Ahau 3 Kankin, 13.0.0.0.0, qualcosa avviene quando Bolon Yokte discende.” Il glifo per il verbo che descrive che cosa succede è cancellato, così è stato sostituito con la parola qualcosa, ma è stato rappresentato il signore della creazione Bolon Yokte, e questo significa che il 2012 è stato considerato dai Maya come una creazione o ricreazione del mondo, forse durante un periodo di guerra, conflitto e dominio degli Inferi e dei Signori degli Inferi. Così la fine del Calendario dei Maya è semplicemente la fine dell’attuale Era Mondiale. E, cosa importante per noi, essa segna semplicemente l’inizio del prossimo ciclo di rinascita, rinnovamento. Sugli artefatti archeologici di Izapa non ci sono segni o dichiarazioni particolari riguardo all’anno 2012, ma a Izapa ci sono innumerevoli immagini che dipingono un allineamento celeste raro che comparirà nei cieli negli anni intorno al 2012. Questo allineamento galattico segna la rinascita del solstizio di dicembre e la rinascita del Signore del Sole sui tentativi dei Sette Macao di sostituirlo. Il Signore del Sole sorge attraverso la Crepa Scura nella Via Lattea, collocata fra Sagittario e Scorpione. Nelle illustrazioni Maya, Scorpione viene dipinto vicino alla base dell’Albero della Vita. Le anime sulla Terra sperimentano un cambiamento delle stagioni galattiche, uno spostamento del ciclo temporale celestiale, con il nostro Sole che entra nella rinascita al “Buco nero” alla base celestiale dell’Albero della Vita (una collocazione nella grande Via Lattea). Il 21 dicembre 2012 segna la fine di questa era di 5125 anni in cui siamo vissuti e l’inizio di una Nuova Era della Terra. Secondo certi studiosi, in un ciclo cronologico precedente, l’umanità aveva un livello di coscienza e un rapporto con le Forze Creatrici che ci permettevano di vivere sulla Terra e oltre su livelli superiori di attività materiale, mentale e spirituale. Sfortunatamente abbiamo usato male questa coscienza e il potere che venivano in seguito al rapporto stretto con le Forze. Questo uso sbagliato portò con sé la distruzione delle nostre grandi culture e un lungo viaggio karmico dell’anima attraverso dolore e confusione che derivavano dal nostro egoismo e dall’uso egocentrico esclusivo della nostra volontà senza riguardo della volontà del Creatore e degli altri. Ora che i cicli stanno di nuovo tornando, ci stiamo avvicinando ad un periodo in cui il livello di coscienza e di rapporto con le Forze Creatrici ci permetteranno di nuovo di riacquistare questi poteri. Come li useremo questa volta? Prima di disperare che l’umanità li userà di nuovo in modo sbagliato, ricordiamo che molte, molte anime e persino il Logos, il Verbo, sono venuti e continuano a venire nella materialità per aiutare a preparare la via per questa rinascita. Sopravalutiamo il potere del mondo e i suoi leader. Le forze invisibili, celesti, hanno un potere più grande e supereranno l’oscurità e l’egoismo del mondo, irrompendo con una luce che trasformerà questo regno per mille anni, quando ogni male e ogni tentazione saranno legati, e regnerà un’era dorata. Il libro biblico dell’Apocalisse ci munisce questa profezia: “Vidi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico – cioè il diavolo, satana – che inganna tutta la Terra abitata, e lo incatenò per mille anni.” (Ap 20,2) Il 2012 è l’inizio del compimento di queste profezie dell’Apocalisse, o solo un altro passo nel lungo viaggio verso tale compimento?I Maya, i quali avevano costruito la loro vita sullo studio del tempo e dei cicli vitali, avevano elaborato 17 calendari, tra cui il calendario più lungo, il Winaq May Kin, che copre approssimativamente 5200 anni Maya di 360 e 5125 nostri anni di 365 giorni, finisce proprio nel 2012 esattamente il 21/12/12 alle 11.11 (tempo universale coordinato), considerando che i Maya erano abili esperti nel calcolare i cicli della vita, dei pianeti di tutto il sistema solare con estrema precisione, la cosa fa riflettere. O no? Le “previsioni” secondo santi e “veggenti” della Chiesa cattolica. I tre giorni di buio a cui allude l’Apocalisse potrebbero essere la conseguenza di tale evento. “La morte degli impenitenti persecutori della Chiesa avverrà durante i tre giorni di buio. Colui che sopravviverà ai tre giorni di tenebra e di pianto, apparirà a se stesso come l’unico sopravvivente sulla terra, perché di fatto il mondo sarà coperto di cadaveri”. (San Gaspare del Bufalo, XIX secolo). “La Santa Vergine ha detto che la terra andrà fuori della sua orbita per tre giorni…” (La veggente Patricia Talbot). “…Dio manderà due castighi: uno sarà sotto forma di guerre, rivoluzioni e altri mali; avrà origine sulla terra. L’altro sarà mandato dal Cielo. Verrà sopra la terra l’oscurità immensa che durerà tre giorni e tre notti. Nulla sarà visibile e l’aria sarà nociva e pestilenziale e recherà danno, sebbene non esclusivamente ai nemici della Religione. Durante questi tre giorni la luce artificiale sarà impossibile; arderanno soltanto le candele benedette” (Beata Anna Maria Tatei, XIX secolo). Un’interpretazione della Bibbia predice che la Terra sarà annientata nel 2012… (Ezechiele 37:21,22) Inoltre basi scientifiche sul 2012 parlano di un anno, se non di un periodo, di totale cambiamento: - Dal 2003 il sole si è comportato in modo più tumultuoso che in qualsiasi altra epoca successiva al rapido riscaldamento globale che accompagnò la fine dell’ultima glaciazione (11.000 anni fa) e raggiungerà il prossimo picco proprio nel 2012. - Il campo magnetico terrestre ha cominciato ad indebolirsi e potrebbe essere in corso una migrazione dei poli magnetici mentre i poli nord e sud si invertono di posizione. - Alcuni geofisici russi credono che il sistema solare sia entrato in una nube interstellare di energia, questa nube con la sua energia destabilizza il sole e tutte le atmosfere dei pianeti, l’incontro con la terra viene collocato tra il 2010 e il 2020. - Il supervulcano Yellowstone che erutta in modo catastrofico con un intervallo di 600.000-700.000 anni, si sta preparando a farlo. Certo, non crediamo ad un’Apocalisse, ma tutte queste cose sono troppe per definirsi coincidenze o leggende…Così è, se vi pare! http://www.youtube.com/watch?v=9nP53wwVaIs&feature=player_embedded

scienza dei minerali e la terra

Diamante
Rubino piu grande del mondo
l la dinamica della terra

mercredi 24 février 2010

Ressources Naturelles du Bas-congo et sa gestion ( part 6)

LA SOCIETE CIVILE ET LA GESTION DES MINES I. Introduction Loin des débats académiques et scientifiques, nous voulons seulement partager avec vous ces quelques notions : - La société civile ou mieux les organisations de la Société civile ; - Les textes légaux dont découle la société civile en RDC ; - L’identification des acteurs du secteur privé dans le Code et le Règlement miniers ; - L’attente de la population de la part de la société civile dans la gestion de ce secteur. II. Développement 1. La société civile ou mieux les organisations de la Société civile 1.1 Approche de la Direction du Développement et de la Coopération/Suisse Il n’existe pas une définition précise de la société civile, laquelle englobe d’une manière générale toutes les organisations non étatiques et les citoyens. La coopération au développement distingue trois grandes catégories d’acteurs, qui présentent des chevauchements : les institutions publiques, le secteur économique (secteur privé) et la société civile- ou plus exactement les organisations de la société civile. Ces dernières comprennent les organisations non gouvernementales (ONG) et d’autres associations à but non lucratif (asbl) qui défendent certains intérêts particuliers des citoyens : associations de consommateurs, syndicats, groupements pour les droits de l’homme, mouvements de base, médias indépendants et organisations écologistes[1]. 1.2 Approche selon l’Intersyndicale du Congo La Société civile est constituée d’associations ou d’organisations qui défendent les intérêts de leurs membres faisant partie de la communauté nationale. Il s’agit notamment de : Syndicats, confessions religieuses, associations d’hommes d’affaires ; groupes/ organisations civiques ; groupes de femmes, organisations des jeunes ; organisations de défense de l’environnement ; groupes sociaux et sportifs ; associations des parents d’élèves et d’étudiants : organisations de défense des droits humains ; coopératives ; associations mutualistes[2]. 1.3 Approche selon l’Union Européenne[3] La société civile regroupe notamment les organisations syndicales et patronales ( les "partenaires sociaux" ), les organisations non gouvernementales (ONGs), les associations professionnelles, les organisations caritatives, les organisations de base, les organisations qui impliquent les citoyens dans la vie locale et municipale,avec une contribution spécifique des églises et communautés religieuses 2. Les textes légaux dont découle la Société civile en RDC 2.1.La Constitution du 18 février 2006 Article 22 : Toute personne a droit à la liberté de pensée, de conscience et de religion. Toute personne a le droit de manifester sa religion ou ses convictions, seule ou en groupe tant en public qu’en privé, par le culte, l’enseignement, les pratiques, l’accomplissement des rites et l’état de vie religieuse, sous réserve du respect de la loi, de l’ordre public, des bonnes mœurs et des droits d’autrui. Article 37 : L’Etat garantit la liberté d’association. Les pouvoirs publics collaborent avec les associations qui contribuent au développement social, économique, intellectuel, moral et spirituel des populations et à l’éducation des citoyennes et des citoyens. Cette collaboration peut revêtir la forme d’une subvention. La loi fixe les modalités d’exercice de cette liberté. Article 38 : La liberté syndicale est reconnue et garantie. Tous les Congolais ont le droit de fonder des syndicats ou de s’y affilier librement dans les conditions fixées par la loi. 2.2 La loi n° 004/2001 du 20 juillet 2001 portant dispositions générales applicables aux associations sans but lucratif et aux établissements d’utilité publique De la définition et de la classification des associations sans but lucratif (ASBL) Article 1er : L’Association sans but lucratif est celle qui ne se livre pas à des opérations industrielles ou commerciales, si ce n’est à titre accessoire, et qui ne cherche pas à procurer à ses membres un gain matériel. L’association sans but lucratif est apolitique. Article 2 : L’Association sans but lucratif est de par sa nature et son objet soit : 1. Une association à caractère culturel, social ou éducatif ou économique ; 2. Une organisation non gouvernementale ONG, en sigle ; 3. Une association confessionnelle Article 6 : Le nombre des membres effectifs de l’association sans but lucratif ne peut être inférieur à sept. Article 7 : Les statuts de l’association sans but lucratif ne peuvent contenir aucune disposition contraire aux lois, aux bonnes mœurs ou à l’ordre public. Ils doivent mentionner : 1. la dénomination suivie ou précédée des mots " association sans but lucratif ", en sigle " ASBL " ; 2. le siège de l’association, celui-ci doit être établi sur le territoire de la République Démocratique du Congo ; 3. l’objet de l’association ; 4. la ou les provinces où l’association exercera ses activités ; 5. les diverses catégories des membres ; 6. les conditions d’adhésion, de sortie ou d’exclusion des membres ; 7. l’organisation de l’administration ou de la direction de l’association, le mode de nomination et de révocation des personnes chargées de cette administration, la durée de leur mandant et l’étendue de leur pouvoir, la manière dont l’association est représentée à l’égard des tiers ; 8. le mode d’établissement des comptes annuels ; 9. les règles à suivre pour la modification des statuts ; l’affectation du patrimoine en cas de dissolution de l’association 2.3 Du régime du Décret du 24 mars 1956. Article 1 : Le Gouverneur de Province peut agréer des sociétés coopératives indigènes, c’est-à-dire des associations groupant au moins dix personnes physiques indigènes, originaires du Congo Belge, du Ruanda-Urundi ou des contrées voisines, lorsqu’elles ont pour objet social de promouvoir, par la mise en œuvre les principes de la coopération, les intérêts économiques et sociaux de leurs membres exclusivement. Toutefois, pour participer à la constitution d’une association ou d’en faire membre, les indigènes originaires des contrées voisines devront justifier de cinq années de résidence ininterrompue au Congo Belge ou au Ruanda-Urundi. Le Gouverneur de province peut également agréer le groupement de deux ou plusieurs de ces associations. La demande d’agréation doit énoncer : 1. l’indication précise de l’objet social de l’association ou du groupement d’associations à agréer et la ... dans laquelle cet objet doit être réalisée ; 2. le siège social ; 3. l’appellation de l’association ou du groupement d’associations ; 4. les noms, prénoms, résidence et profession du gérant proposé ; 5. le nombre d’associés au moment de l’introduction de la demande ; 6. l’identité des membres et du président élus du conseil de gestion. 2.4 Approche personnelle des organisations de la société civile Les organisations de la société civile sont constituées de l’ensemble des asbl, ONGDs, des confessions religieuses, des syndicats et des corporations professionnelles; tous visant les intérêts de leurs membres et/ou de la population tout en gardant un caractère apolitique. Ces organisations de la société civile sont de véritables groupes de pressions (lobbying) auprès du pouvoir public et du secteur économique (secteur privé). " Il faut six mois pour organiser des élections, dix ans pour installer une économie de marché, mais une génération pour créer une société civile. Or, sans société civile il n’y a pas de démocratie”. "Ralf DAHRENDORF 3. De l’identification des acteurs du secteur privé dans le Code et le Règlement minier Pour mieux mettre en exergue le rôle de la société civile, visualisons celui des autres acteurs : - Le rôle de l’Etat dans l’exercice des activités minières ; - L’éligibilité dans l’exercice des activités minières ; - L’instruction cadastrale de la demande d’octroi exceptionnel du Permis de Recherches au groupement d’exploitants miniers artisanaux; - L’élaboration du plan de développement durable. 3.1 : Du rôle de l’Etat et de ses organismes Article 8 : Code minier L’Etat assure la mise en valeur des substances minérales dont il est propriétaire en faisant appel notamment à l’initiative privée conformément aux dispositions du présent Code. Son rôle principal est de promouvoir et de réguler le développement du secteur minier par l’initiative privée. Toutefois, l’Etat peut se livrer à des activités d’investigation du sol ou du sous- sol dans le seul but d’améliorer la connaissance géologique du Territoire National… L’Etat peut également se livrer à une activité régie par le Code minier. Dans ce cas, les personnes morales publiques et les organismes spécialisés de l’Etat à vocation minière sont soumis aux dispositions du présent Code au même titre que les personnes privées. 3.2 De l’éligibilité aux activités minières 3.2 .1 De l’Eligibilité aux droits miniers et de carrières (Article 23 du Code minier) …Sont éligibles aux droits miniers et des carrières : a) toute personne physique majeure de nationalité congolaise ainsi que toute personne morale de droit congolais qui a son siège et administratif dans le Territoire National et dont l’objet social porte sur les activités minières ; b) toute personne physique majeure de nationalité étrangère ainsi que toute personne morale de droit étranger ; c) Tout organisme à vocation scientifique. … les personnes physiques étrangères, les personnes morales de droit étranger et les organismes à vocation scientifique sont éligibles qu’aux droits miniers et/ou de carrières de recherches. 3.2.2 De l’Eligibilité à l’exploitation artisanale (Article 26 Code Minier) …Seules les personnes physiques majeures de nationalité congolaise peut acquérir et détenir les cartes d’exploitant et les cartes de négociants. …Sont éligibles au titre de comptoir d’achat des substances minérales d’exploitation artisanale : a) toute personne physique majeure de nationalité congolaise ; b) toute personne majeure de nationalité étrangère ayant un domicile dans le Territoire National ; c) toute personne morale de droit congolais ayant son siège social et administratif dans le Territoire National et dont l’objet social porte sur l’achat et la vente des substances minérales d’exploitation artisanale. 3.2.3 Des personnes non éligibles : a) les Agents et fonctionnaires de l’Etat, les Magistrats, les membres des Forces Armées, la Police et les Services de Sécurité, les employés des organismes publics habilités à procéder aux opérations minières. Toutefois, cette incompatibilité ne concerne pas leur prise de participation dans le capital des sociétés minières. b) toute personne frappée d’incapacité juridique prévue à l’article 215 de la loi n° 87-010 du 01 août 1987 portant Code de la Famille.[4] c) toute personne frappée d’interdiction ; notamment celle condamnée pour violation du des dispositions du Code minier et de ses mesures d’application. 3.2.4 : De la promotion du creuseur en un exploitant minier de la Petite Mines et/ou de la Grande Mines : Article 236 Règlement minier Lors de l’instruction cadastrale , le Cadastre Minier vérifie en plus des éléments prévus aux dispositions de l’article 102 du présent Décret que les conditions ci-dessous sont remplies : a) tous les exploitants membres du groupement requérant un Permis de Recherches ont une Carte d’Exploitation Artisanale en cours de validité ; b) tous les exploitants artisanaux de la zone d’exploitation artisanale concernée ont été notifiés de la possibilité d’adhérer à un tel groupement et les conditions d’adhésion n’étaient pas prohibitives ; c) le groupement a la forme d’une association sans but lucratif régi par la loi n° 004/2001 du 20 juillet 2001 portant dispositions générales applicables aux établissements d’utilité publique ou une d’une coopérative du régime du Décret du 24 mars 1956 dûment constituée. Article 237 : De la décision d’octroi ou de refus d’octroi du Permis de Recherches au groupement d’exploitants artisanaux … En cas de demande d’accès à l’exploitation minière, ou à l’exploitation minière à petite échelle, le groupement est tenu de se transformer en l’une des formes des sociétés commerciales légalement reconnues par l’Etat. Il ressort que tous ces acteurs représentent le secteur privé. 4. L’attente de la population de la société civile dans le secteur des mines : Elle est conséquente au respect des obligations des exploitants miniers envers elle 4.1 Article 112 Code minier : Des obligations du détenteur de la carte d’exploitant artisanal Le détenteur de la carte d’exploitant artisanal doit respecter les normes en matière de sécurité, d’hygiène, d’utilisation de l’eau et de protection de l’environnement qui s’applique à son exploitation conformément à la réglementation en vigueur. Il doit indemniser les exploitants agricoles pour tout dommage engendré par son activité. 4.2 Article 116 : De la commercialisation des produits de l’exploitation artisanale Les exploitants artisanaux ne peuvent vendre leurs produits miniers qu’aux négociants, aux marchés boursiers, aux comptoirs, ou aux organismes agréés ou créés par l’Etat… Les négociants agréés ne peuvent vendre leurs produits miniers qu’aux négociants, aux marchés boursiers, aux comptoirs, ou aux organismes agréés ou créés par l’Etat 4.3 Article 126 Code minier : Les obligations des comptoirs agréé c) payer les impôts et taxes relatifs à leurs activités d) disposer en propriété d’au moins un immeuble en matériaux durables dans chaque centre d’activités 4.4 Article 242 Code minier: De la répartition de la redevance minière : La redevance minière est versée par le titulaire du titre minier d’exploitation au trésor public. Celui – ci se charge de distribuer la recette de la redevance minière selon la clé de répartition suivante : 60% resteront acquis au Gouvernement Central, 25% sont versés sur un compte désigne par l’administration de la province où se trouve le projet et 15% sur un compte désigné par la Ville ou le Territoire dans le ressort duquel s’opère l’exploitation. Les fonds résultant de la répartition en faveur des Entités Administratives décentralisé ci-dessus sont affectés exclusivement à la réalisation des infrastructures de base d’intérêt communautaire. 4.5 Article 281 Code minier : De l’indemnisation des occupants du sol. Toute occupation de terrain privant les ayants- droit de la jouissance du sol, toute modification rendant le terrain impropre à la culture entraîne, pour le titulaire ou l’amodiataire des droits miniers et/ou des carrières, à la demande des ayants -droit du terrain et à leur convenance, l’obligation de payer une juste indemnité correspondant soit au loyer, soit à la valeur du terrain lors de son occupation, augmentée de la moitié. 4.6 Article 402 Règlement minier : Des modalités de la répartition des produits des droits superficiaires annuels par carré Le Cadastre Minier central réalise la répartition des produits des droits superficiaires annuels par carré dans les trente jours suivant l’établissement du rapport annuel sur la comptabilité desdits produits, conformément à la clé de répartition suivante : Le Service d’Assistance et d’Encadrement du Small Scale Mining : 16% dont 10% sont destinés au développement des communautés locales de base où se déroulent les activités minières artisanales et/ ou à Petite Echelle. 4.7 Des rapports du titulaire des droits des mines et/ou des carrières avec les populations locales. Titre XIX Chapitre 1er : Article 477 Règlement minier : Des obligations du titulaire vis-à-vis des populations affectées par le projet d’exploitation Le titulature d’un droit minier ou de Carrières d’exploitation a, vis- à- vis des populations affectées par le projet d’exploitation, les obligations de : a) recueillir leurs informations et préoccupations sur les impacts des projets d’exploitation ; b) élaborer un plan de leur consultation ; c) les informer sur le projet d’exploitation et sur les mesures de réhabilitation et d’atténuation des impacts environnementaux conformément à son étude d’impact environnemental du projet et Plan de Gestion Environnemental du Projet ; d) Maintenir un dialogue constructif avec elles 4.9 L’élaboration du plan de développement durable, Article 127, Annexe IX du Règlement minier Le plan de gestion environnementale du projet doit présenter un plan de développement durable visant à améliorer le bien- être économique,culturel et social des population locales affectées par le projet pendant et après l’exploitation du projet, en conformité avec l’article 452(e)du Règlement Minier. L’exploitant doit notamment présenter : (a) Les engagements de l’entreprise minière vis-à-vis des communautés locales affectées par le projet ; (b) Les mesures compensatoires pécuniaires et non- pécuniaires et leurs modalités ; (c) Les programmes de développement locaux dans les différents domaines tels que l’éducation, la santé, les infrastructures, la production et leur fonctionnement, leur coût, la participation financière de l’entreprise minière ou de la carrière, les mesures de contrôle et de suivi et les participants (ONG, gouvernement local, bénéficiaires) ; (d) Le calendrier et le coût de ce plan de développement durable. En définitive: Il est reconnu à la société civile le rôle d’encadreur bénévole du citoyen ; bénévole car il s’agit des associations sans but lucratif et des confessions religieuses. A ce titre, il lui revient d’éduquer la population. Celle –ci n’a pas que des droits mais aussi des devoirs. L’Etat congolais a déjà a pris clairement l’option d’inciter l’initiative privée et de réguler le secteur des exploitations minières. Dès lors, un exploitant artisanal minier, un exploitant minier à petite échelle et un exploitant minier à grande échelle sont tous des opérateurs économiques à part entière. Chacun est tenu au respect de la conservation de la nature ; sinon à la mitigation suite à ses activités qui perturbent l’écosystème ; à la création des richesses pour le développement durable dans les zones d’exploitation ; tenant compte que les mines ne sont pas des richesses renouvelables. Il revient donc à la société civile la responsabilité : - d’accompagner cet opérateur économique du projet à la réalisation ; participer même à la transformation du vulgaire ‘creuseur’ en un exploitant minier à petite ou pourquoi pas à un exploitant minier à grande échelle - de mieux connaître les besoins réels de sa population pour les inscrire particulièrement lors d’obtention des titres miniers ; le Code minier l’ayant retenu comme la condition sine qua non; - de soutenir l’Etat dans la lutte contre la fraude des matières premières, source de beaucoup de maux dont la corruption, le trafic illicite des armes de guerre ; de rupture de la paix sa laquelle aucun développement n’est possible Quant aux autres Il n’était pas dans nos intentions de faire de vous des experts en droit minier; mais nous pensons avoir suffisamment suscité votre intérêt dans la gestion des mines Pour ceux qui veulent entreprendre les activités minières dans l’artisanat minier et de la Petite Mines qu’ils s’adressent au SAESSCAM tandis que ceux de l’exploitation minière à grande échelle ont besoin des services d’un mandataire en mines. La population est ainsi informée de ses quelques droits. La meilleure façon d’en jouir est de s’informer auprès de ses dignes filles et fils de la société civile. III. Conclusion Nous faisons nôtre l’exposé des motifs du Code des investissements[5] : « La République Démocratique du Congo ayant opté pour une économie libérale tempérée du type"Economie sociale du marché", la croissance économique et le développement reposent sur le tripartite suivant : 1) L’Etat fournit le cadre et l’environnement incitatif ; 2) Le secteur privé crée les richesses nationales et l’emploi ; 3) La société civile, elle, se charge de promouvoir l’homme dans toute sa dimension. Aussi, nous rejoignant au slogan en vogue ‘Déclarez ce que vous payez’, nous disons : ‘J’aime ma Province et je paie mes impôts et taxes pour son développement intégral’

Resources Naturelles du Bas congo et sa gestion ( part 5)

SITUATION ACTUELLE ET PERSPECTIVES D’AVENIR DE L’EXPLORATION-PRODUCTION DES HYDROCARBURES DANS LA REGION COTIERE DU BAS-CONGO, EN RDC Quelle est la situation de l’exploration-production des hydrocarbures qui prévaut actuellement dans la région côtière depuis près de trois décennies d’exploitation ? Quelles sont alors les perspectives d’avenir ? Tel est le sous-thème de notre exposé de ce jour. Nous nous permettons de vous dire enfin que ce travail, ayant été conçu et fait des mains d’hommes, n’échappe pas à la règle de l’imperfection et, dans une attitude de profonde reconnaissance, nous acceptons à l’avance de prendre toute la responsabilité. 1. PRESENTATION DE LA REGION COTIERE DU BAS-CONGO. 1.1.Cadre physique La région côtière du Bas-Congo, qui fait l’objet de notre exposé, fait partie du Bassin inférieur du Congo englobant l’Angola au Sud et la République du Congo/Brazza au Nord. Avec une superficie totale de 6 000 Km2 dont 1012 Km2 en Offshore (en mer), et 4 998 Km2 en Onshore (à terre), la région côtière du Bas-Congo se situe dans la partie occidentale du District du Bas-Fleuve, plus exactement entre les latitudes 4° et 6° Sud et les longitudes 12° et 13° Est. Elle s’étend sur près de 100 Km2 de long et de 20 à 75 Km2 de large, à partir de l’Enclave Angolaise de Cabinda, au Nord-Ouest du District du Bas-Fleuve jusqu’au Fleuve Congo au Sud, et se poursuit en Angola. Le District du Bas-Fleuve est délimité au Nord par la République du Congo/Brazza, au Sud par le Fleuve Congo, à l’Est par le District des Cataractes et à l’Ouest par l’Enclave Angolaise de Cabinda et l’Océan Atlantique. 1.2.Cadre géomorphologique La région côtière du Bas-Congo constitue, dans son ensemble, une plaine penchée vers l’Océan Atlantique, avec des côtes allant de 200 à 250 m dans sa partie Nord-Est, notamment dans la Collectivité de Tsanga-Nord et, à des cotes plus basses sur le littoral atlantique. Elle se subdivise en deux parties, à savoir, la partie orientale et celle occidentale, dont la limite passe dans la direction Nord-Ouest, un peu plus à l’Ouest de Boma. 1.3.Cadre géologique La région côtière du Bas-Congo, dont l’architecture est apparentée à celle des autres bassins côtiers reparties le long de la côte Ouest-Africaine, de l’Angola au Cameroun, est constituée des formations géologiques (roches) d’âge allant du Jurassique Terminal au Quaternaire. La partie orientale de la région côtière du Bas-Congo voit affleurer le socle cristallin, représenté par une série des roches métamorphiques, éruptives et sédimentaires plissées et, souvent, entrecoupées par des failles. La partie occidentale, par contre, est formée des roches sédimentaires avec un pendage général de direction Ouest-Sud vers l’Océan Atlantique. 1.4.Potentialités pétrolières Du point de vue de l’échelle stratigraphique des formations géologiques, la région côtière du Bas-Congo est caractérisée par deux ensembles majeurs, pré et post-salifères, séparés par d’importants dépôts d’âge Aptien (300-600 m d’épaisseur), appelés localement sel de Loeme. Chacun de ces deux ensembles stratigraphiques majeurs a une histoire et un style structural bien distincts : 1.4.1. Ensemble pré-salifère L’ensemble prè-salifère est constitué des sédiments d’origine essentiellement lacustre, sans influence marine. Il précède l’ouverture océanique Sud atlantique et va, du Jurassique terminal à l’Aptien. Il comprend, de bas en haut, les formations géologiques ci-après, appelées localement : 6. Chela : grès argileux, au sommet de l’ensemble ; 5. Tshibota : sable mal datés ; 4. Toca : carbonate ; 3. Bucomazi : argile et grès fins organiques ; 2 Lucula : grès arkosique (affleurement visible à Manterne) ; 1. Nzenze : arkose à grains grossiers, discordant sur le socle métamorphique 1.4.2. Ensemble post-salifère Ensemble post-salifère est constitué des dépôts de sel et des formations géologiques marines peu ou pas plissées. Il est marquée par l’ouverture de l’Océan Atlantique et va, de l’Aptien au Quaternaire. Il comprend, de bas en haut, les formations géologiques ci-après, appelées localement : 3. Un manteau des formations géologiques d’origine marine et continentale (Kinkasi, Liawenda, Iabe Crétacé, Iabe Tertiaire, Malembo et Cirques) ; 2. Vermelha/Pinda : grès rouge et plus à l’Ouest, il évolue en série marine à dominance carbonatée ; 1. Mavuma : dolomie et calmcaire dolomitique 1.4.3. Existence des hydrocarbures L’existence des hydrocarbures dans les formations géologiques de ces deux ensembles stratigraphiques majeurs est étroitement liée, d’une part, à la présence des roches mères, roches réservoirs et roches couvertures et, d’autre part, à la mise en place des mécanismes de migration, d’accumulation et de piégeage des hydrocarbures.  Roches mères : Bucomazi : roche mère dans l’ensemble près-salifère, qui est la source de toutes les huiles et gaz qui sont exploités dans la région côtière du Bas-Congo. Iabe Crétacé et Malembo : roches mères dans le post-salifère qui, malheureusement, non atteint le degré de maturation pour générer les huiles matures.  Roches réservoirs : Ensemble prè-salifère : 5. Chela : réservoir le plus déployé, mais ne produit pas d’huile. Il parait avoir été un passage de migration pour l’huile générée dans la formation Bucomazi vers les réservoirs post-salifère, par l’intermédiaire des trous présent dans les dépôts de sel Loeme ; 4. Tcibota : bon réservoir, surtout dans sa partie inférieure ; 3. Toca : mauvais réservoir en RDC, mais un des bons réservoirs principaux au Cabinda ; 2. Lucula : réservoir important ; 1. Nzenze : mauvais réservoir car, il ne présente pas d’accumulation des hydrocarbures par manque de barrage latéral. Ensemble post-salifère : 5. Liawenda : bon réservoir, producteur en Onshore, mais à faible perméabilité dans la partie Nord ; 4. kinkasi : bon réservoir, producteur en Onshore ; 3. Vermelha : bon réservoir, producteur en Onshore ; 2. Pinda : bon réservoir, producteur en Offshore ; 1. Mavuma : assez bon réservoir NB : Contrairement à une croyance très répandue, une roche réservoir n’est pas un immense lac souterrain. Il s’agit plutôt d’une roche, apparemment solide, qui révèle à l’examen microscopique des myriades d’orifices minuscules appelés pores dans lesquels, les hydrocarbures s’accumulent lorsqu’ils se buttent à des couches de sédiments imperméables.  Roches couvertures : Ensemble prè-salifère : formations Toca et sel Loeme ; Ensemble post-salifère : toutes les formations géologiques d’âge Crétacé et Tertiaire.  Mécanismes de migration des hydrocarbures : Les hydrocarbures ont migré verticalement de bas en haut, du prè vers le post-salifère, en empruntant les cicatrices et les failles. Ils ont aussi migré latéralement par les réservoirs les plus perméables, notamment celui de Chela, dont on dit qu’il aurait joué le rôle de pipe-line aux hydrocarbures qui se sont échappés vers la surface pour former des bitumes (asphaltes).  Piégeage des hydrocarbures : Dans l’ensemble prè-salifère, c’est la tectonique du socle cristallin qui a fragmenté les bassins en horst et grabbens et généré des failles et panneaux antithétiques et synthétiques. Les hydrocarbures ont donc été piégés dans les structures tectoniques ainsi formées (anticlinal, fermeture contre failles, panneaux faillés etc.). Par contre, dans l’ensemble post-salifère, c’est la tectonique liée à l’halocinèse qui est à l’origine de la formation des pièges dont le style dominant est structural (anticlinaux sur dômes de sel, pièges sur structures intermédiaires, flancs de dômes, pièges mixtes) 2. HISTORIQUE ET RESULTATS DES TRAVAUX ANTERIEURS La première prospection pétrolière dans la région côtière du Bas-Congo a débuté bien avant les années 40 avec les travaux effectués par la Forminière sous la direction du géologue Hoffman. Ces travaux furent perturbés et brusquement arrêtés par la grande guerre de 1940-1945.Ce n’est qu’en 1950 que le même géologue Hoffman avait réuni tout un faisceau d’observations propices à la découverte des hydrocarbures dans la région côtière 2.1. En Offshore (en mer)  En 1950, début des travaux de prospection-pétrolière effectués par la Forminière sous la direction du géologue Hoffman ;  En 1956, une Concession exclusive est accordée à deux sociétés, la Congo Gulf Oil Company (une filiale de la Gulf Oil Corporation) et la Société du Littoral Congolais (SOLICO : une filiale de Cométra Oil Company) aux termes de la première Convention signée le 23 juin 1959 ;  En 1960, début des travaux actifs d’exploration des hydrocarbures avec des méthodes géologiques, géophysiques et géochimiques ;  En 1969, signature de la seconde Convention régissant l’exploration-production des hydrocarbures pour une durée de 30 ans ;  En 1970, premier forage du puits GCO-1X, dans le champ GCO. 2.2. En Onshore (à terre)  En 1950, début des travaux de prospection-pétrolière effectués par la Forminière sous la direction du géologue Hoffman ;  En 1956, une Concession est octroyée à la société Congolaise de Recherche et d’Exploitation (SOCOREP), du groupe PETROFINA, aux termes de la première signée le 11juin 1959 ;  En 1963, premier forage du puits LINDU-1 qui démontra, pour la première fois, la présence des hydrocarbures dans la région côtière ;  En 1969, signature de la seconde Convention régissant l’exploration-production des hydrocarbures pour une durée de 30 ans. 2.3. Réserves pétrolières Les réserves pétrolières en Offshore et Onshore de la région côtière, évaluées en 2000 par les sociétés pétrolières productrices, sont illustrées dans l’Annexe 3. 3. PRODUCTION PETROLIERE (1975-2005) La production pétrolière a commencé modestement à partir de 1975 en Offshore avec ses premiers 25.498 barils. Par contre, en Onshore, la première production a débuté, de manière significative, en 1980 avec ses premiers 6,5 millions de barils. La RDC a culminé en 1985 vers 12,2 millions de barils, soit une moyenne de 33 403 barils par jour, qui plaçaient notre pays dans le concert des nations productrices de pétrole en Afrique Centrale 4. SITUATION ACTUELLE Après trois décennies d’activités, la situation actuelle de l’exploration-production des hydrocarbures dans la région côtière du Bas-Congo, est principalement marquée par les faits saillants ci-après qui, aujourd’hui, doivent interpeller le Gouvernement : 4.1. Déclin de la production pétrolière « Tout champ pétrolier et tout puits de forage de pétrole, accusent toujours un déclin naturel dans leur production à partir du jour où ils ont été mis en production ». Ainsi, dès 1986, des signes de déclin de la production, par l’épuisement naturel de la plupart des champs pétroliers actuellement en exploitation, ont été observés après avoir atteint une production plafond de 1, 2 millions de barils en 1985, soit une moyenne de 33 403 barils par jour. Cette tendance baissière s’est poursuivie jusqu’en 2005, en dépit de la reprise timide de la production à la hausse en Onshore à partir de 2004 . Or, depuis 1998, les sociétés pétrolières productrices avaient annoncé l’exécution d’un vaste programme de développement de leurs champs pétroliers producteurs. Des investissements respectifs, d’une part, de 500 millions de $US avaient été promis en Offshore visant une production stabilisée à 45 000 barils par jour, avec de pointes de 55 000 barils par jour et, d’autre part, de 100 millions de $US en Onshore visant une production stabilisée à 15 000 barils par jour. Malheureusement, nous assistons à une stagnation de la production qui oscille entre 15 300 et 18 400 barils par jour en Offshore, et entre 7 800 et 9 200 barils par jour en Onshore. 4.2. Absence du Code des Hydrocarbures Il échet de reconnaître que l’absence, dans le pays, d’un cadre juridique contraignant et d’un contrôle rigoureux, laisse toute la latitude aux sociétés pétrolières productrices, d’opérer dans ce domaine au gré de leurs intérêts commerciaux au lieu de rechercher les impératifs de croissance socio-économique du pays. Le domaine pétrolier a toujours été régi par un Code des Hydrocarbures qui évolue dans le temps. C’est pourquoi, dans un monde comme celui du pétrole où les conditions économiques changent très vite, nous estimons que l’Ordonance-loi n°81-013 du 02 avril 1981 portant législation générale sur les mines et les hydrocarbures, le seul texte de base qui réglemente actuellement les activités d’exploration-production dans le pays, doit absolument s’adapter aujourd’hui aux réalités juridiques, administratives, techniques et économiques du secteur pétrolier. 4.3. Valorisation optimale de gaz dissous L’Annexe 5a énumère les utilisations économiques actuelles d’importantes quantités de ces gaz dissous ou sous forme de gaz-cap. Mais, au-delà de ces utilisations nous croyons que d’autres pourraient être encore envisagées dans le cadre, notamment du développement de l’industrie agro-alimentaire (engrais, protéines) et de la production de l’énergie (bonbonne à gaz, électricité), (Annexe 5b). 4.4. Insuffisance des recettes pétrolières Il est hautement significatif d’aligner le profil de la production pétrolière avec sa valorisation à l’exportation au regard du coût unitaire de production et de la répartition des revenus entre parties prenantes. C’est ainsi qu’en 2006, les sociétés pétrolières productrices ont réalisé 72,6 milliards de FC sur un montant total de 487,1 milliards de FC de recettes réalisées au profit du Trésor, soit 14,9% seulement alors que, depuis le début de l’année 2004, les cours pétroliers ont flambé sur le marché mondial. De même, il est assez curieux de constater que les pouvoirs publics sont absents du cycle de formation de ces recettes générées par la production pétrolière. Les prix réels d’exportation de notre pétrole brut ne sont ni connus, ni expertisés et ni actualisés et le rythme de production pétrolière et la maîtrise du marché mondial du pétrole, surtout le volet prix pratiqués et fixés à l’exportation, sont l’apanage de ces sociétés. Comment peut-on comprendre que le coût unitaire moyen de production en Offshore soit de 7,7 $US le baril en RDC ; alors qu’au Cabinda, il n’est que de 4 $US le baril ? En Onshore, ce coût est de 5,42 $US le baril en RDC ; tandis qu’au Cabinda, il est de 3 $US le baril ? Par ailleurs, il importe de souligner que le mode contractuel d’établissement du niveau de la royalty due à l’Etat s’avère inapproprié et anachronique au plan commercial. En effet, cette royalty, payée à l’Etat, est calculée à la tête du puits et non au point d’exportation, à l’instar de la majorité des pays producteurs. Ce qui entraîne, pour l’Etat, un manque à gagner de plusieurs millions de $US pour chaque exercice. Voilà pourquoi, nous avons toujours considéré, à juste titre, l’industrie pétrolière comme un système mondial dont le développement est manipulé et décidé par les compagnies pétrolières multinationales directement ou à travers leurs filiales interposées opérant dans la plupart de nos pays. 4.5. Commercialisation de la part de pétrole brut revenant à l’Etat A la suite de la gestion moins maîtrisée du domaine commercial pétrolier, par l’Etat et par les compétences nationales, la part de pétrole brut revenant à l’Etat est encore commercialisée par les sociétés pétrolières opératrices moyennant une rétribution. Il semble même que les prix de vente effectifs de notre pétrole brut par ces sociétés sur le marché pétrolier international sont inférieurs à la valeur marchande réelle par rapport au brent, brut de référence (à vérifier). Nous suggérons, en vue de remédier à une telle situation préjudiciable à la Nation, et afin d’assurer efficacement la commercialisation de la part de ce pétrole brut revenant à l’Etat, que le Gouvernement autorise la COHYDRO à créer sa filiale, à l’instar de la Société Nationale des Pétroles du Congo (SNPC) qui a créé une filiale, SNPC UK, détenue à 100% par elle, de droit anglais et basée à Londres. Cette filiale a entre autres missions :  l’analyse des marchés pétroliers  la recherche des clients ;  les relations avec les banques. 4.6. Non respect des normes pour la protection de l’environnement Pour l’industrie pétrolière, protéger l’environnement a toujours été une préoccupation majeure. En effet, l’exploitation du pétrole implique des opérations de grande envergure qui entraînent à la fois, la pollution de l’air, du sol et des eaux. En effet, les impacts néfastes des activités d’exploration-production des hydrocarbures, se manifestent entre autres par :  les pollutions non contrôlées des eaux, de sol et de l’air ;  la destruction des écosystèmes ;  la défiguration du paysage naturel ;  le déplacement des villages et des populations autochtones et locales;  la détérioration de la santé. Ainsi, cet état des choses a, depuis trois décennies, fortement pénalisé les populations autochtones et locales qui ont eu à subir, en silence, ces effets pervers dus à l’exploitation pétrolière dans la région. En l’absence pour le moment, d’un Code sur l’Environnement, les sociétés pétrolières productrices se sentent confortées dans leur attitude négativiste de consacrer un temps et de dépenser de l’argent à la recherche de solutions énergétiques afin de réduire ces effets pervers dus à leurs travaux d’exploitation pétrolière. 5. PERSPECTIVES D’AVENIR Les perspectives d’avenir de l’exploration-production des hydrocarbures dans la région côtière existent, mais largement tributaires en général de l’état de l’économie du pays, malheureusement en récession depuis plus d’une décennie ainsi que de la situation d’insécurité qui règne dans le pays. Cependant, dans son rapport final sur l’estimation de réserves du bassin côtier, la firme anglaise Gaffney, Cline and Associates (GCA), a estimé que pour contrôler et freiner le déclin de la production pétrolière et, éventuellement, renverser la tendance, les sociétés pétrolières productrices devront procéder aux nouveaux investissements pour, d’une part, découvrir de gisements pétroliers mineurs dans des zones à accès plus difficile et, d’autre part, agir dans le sens de promouvoir les principales actions ci-après : 5.1. L’optimisation de la conduite de production pétrolière sur les principaux champs pétroliers actuellement en exploitation Nonobstant les limites de sa production pétrolière, la RDC, notre pays, devra apporter son soutien actif à toutes les actions des sociétés pétrolières productrices qui visent l’optimisation de leur production. En Onshore par exemple, l’utilisation continue de l’investissement de 100 millions de $US promis depuis 1998 produit de résultats positifs. En effet, grâce au développement du champ Liawenda, à l’intensification de la production assistée, à l’exécution des travaux des perforations additives et acidifications (pour stimuler les réservoirs à produire davantage) et à la convertion des systèmes d’activation des puits, les moyennes journalières de productions connaissent une tendance à la hausse : 7 877 barils par jour en 2003, 9 262 barils par jour en 2004 et 9 102 barils par jour en 2005. Par contre, en Offshore, l’investissement de 500 millions de $US promis depuis 1998, n’ayant pas encore débuté, les moyennes journalières de production connaissent une tendance baissière : 18 405 barils par jour en 2004 et 15 325 barils par jour en 2005. Cette situation est due suite, notamment au manque de forage de nouveaux puits, au vieillissement des puits de production et à la non disponibilité actuelle des Rig de forage. Ainsi donc, les sociétés pétrolières productrices devraient focaliser leurs actions sur les principaux champs pétroliers actuellement en exploitation et envisager davantage l’utilisation des procédés techniques efficaces pour stimuler et intensifier la production assistée des réservoirs producteurs. Nous espérons que l’exécution (déjà annoncée) en Onshore, de forage des puits déviés, avec pour objet, la production en commun des réservoirs Turonien et Cénomanien à l’aide de drains horizontaux, a déjà été concrétisée pour produire davantage. 5.2. La relance de l’exploration sur des nouveaux prospects sur des thèmes classiques connus Tout en estimant que notre pays a plus à gagner dans l’optimisation de la conduite de la production que dans la relance de l’exploration, GCA recommande cependant de conduire les principales actions d’exploration suivantes : 5.2.1. Dans le domaine Onshore (à terre)  exécution d’au moins un forage à objectif Vermelha sur chacune des structures Nord-Tschiende/Nsiabata et Tende ;  exécution d’au moins un forage à objectif Lucula sur chacune des structures favorables délimitées au Nord et à l’Ouest de Tschiende ;  exécution d’au moins un forage à objectif Iabé inférieur sur chacune des structures de Banana et Kitona ;  évaluation plus précise du potentiel Mavuma. 5.2.2. Dans le domaine Offshore (à mer)  exécution d’un forage à objectif Pinda sur la structure localisée au Nord-Ouest de Banana ;  exécution de un ou plusieurs forages à objectif Lucula sur les structures du substratum repérées en Offshore ;  approfondissement au Lucula de tout puits foré sur la structure de Lukami ;  évaluation du prospect Tertiaire inférieur dans l’Offshore profond. 5.3. La recherche des nouveauxxploration thèmes d’e Pour la GCA, la seule solution à recommander pour renverser la tendance au déclin de la production pétrolière de la région côtière, est d’orienter l’exploration vers de nouveaux thèmes, principalement stratigraphiques, totalement indépendants des structures salifères. Bien qu’il serait difficile d’amener les sociétés pétrolières productrices à miser sur ces thèmes, le risque d’exploration apparaissant beaucoup trop élevé, mais GCA suggère que ces thèmes stratigraphiques sont à prospecter principalement dans le prè-salifère et accessoirement dans le post-salifère (Crétacé Supérieur-Tertiaire) . Le type de piégeage escompté est stratigraphique, souvent beaucoup plus performant, bien qu’il soit difficile à prospecter que le piège structural. 5.4. La relance de l’exploration-production dans les six blocs des Rendus Onshore et l’exploitation des sables et calcaires asphaltiques Les six blocs ont été ouverts aux investisseurs et, aujourd’hui, ils sont attribués à plusieurs sociétés pétrolières étrangères qui ont justifié leurs capacités techniques et financières, en association avec la COHYDRO . Pour ce faire, la COHYDRO devra participer étroitement à l’exécution des Programmes d’Actions que les sociétés pétrolières productrices auront à arrêter lors de leurs réunions des Comités d’opérations. A son tour, l’Etat Congolais devra, par l’entremise de la COHYDRO, participer au processus décisionnel de la production pétrolière et contrôler la réalité de coûts opératoires dont dépend le net imposable. 5.5. L’exploration-production commune « COHYDRO-SONANGOL » du Couloir maritime (Offshore profond) La situation actuelle de délimitation des frontières maritimes entre la RDC et l’Angola, se caractérise par un « vide juridique ». 5.5.1. Problématique La problématique de cette situation est que la RDC est un Etat côtier qui partage ses frontières maritimes avec l’Angola tant au Nord qu’au Sud de la côte. Au Nord où la frontière terrestre est partagée avec la province angolaise de Cabinda, il existe la borne D, implantée sur la plage de l’Océan Atlantique à partir de laquelle la frontière maritime Nord a été tracée d’une manière informelle. Néanmoins, cette frontière respecte les normes requises qui se basent sur les principes définis par la Convention de Nations Unies sur le droit de mer. Au Sud, par contre, la frontière terrestre entre la RDC et l’Angola est constituée par le fleuve Congo. Il est à noter que cette frontière naturelle est mouvante, à partir de l’Ile Makanza jusqu’à l’embouchure. Ainsi, contrairement à la frontière Nord, le point de repère devant permettre de tracer la frontière Sud, n’existe pas formellement. 5.5.2. Conséquences économiques Les conséquences économiques pour la RDC sont que, avec une côte large de 42 Km partant de la borne D, au Nord jusqu’au niveau de talweg, à la frontière Sud, notre pays n’exerce ses droits maritimes que sur un cloison triangulaire de 1012 Km2, correspondant à la superficie actuelle de la Concession Offshore, exploitée par le groupe PERENCO. Cette situation prive la RDC d’importantes ressources pétrolières, minérales et halieutiques dans les espaces maritimes devant lui revenir de droit conformément aux dispositions de la Convention des Nations Unies sur le droit de mer. 5.5.3. Convention des Nations Unies sur le droit de mer La Convention des Nations Unies sur le droit de mer, dite Convention de MONTERGOBAY du 10 décembre 1982, attribue à tout Etat côtier le droit de disposer des espaces maritimes sous sa juridiction nationale :  eaux intérieures, situées en deçà de la ligne de base de la mer territoriale ;  mer territoriale qui va jusqu’à 12 miles marins à partir de ligne de base ;  zone économique exclusive jusqu’à 200 miles marins ;  plateau continental jusqu’à 200 ou 350 miles marins. 5.5.4. Exploitation de la Zone d’Intérêts Communs (ZIC) L’Angola, consciente de la situation de fait que connaît la RDC dans ce bassin, est disponible et ouverte aux négociations. Ainsi des orientations politiques ont été données, depuis 2000, aux deux Gouvernements en vu de régler à l’amiable ce dossier dans l’Offshore profond. A la rencontre de Luanda en mars 2003, les deux parties ont envisagé une solution économique provisoire en attendant la conclusion de tracés définitifs. Il s’agira de l’exploitation commune des ressources pétrolières et gazières suivant les termes à convenir. Ainsi, actuellement, cette Zone d’Intérêts communs est attribuée aux sociétés NESSERGY Ltd et TOLLOW Oil en association avec les deux sociétés pétrolières nationales, COHYDRO (pour la RDC) et SONANGOL (pour l’Angola), appelées à y jouer un rôle plus important. Les perspectives de développement de ladite zone feront alors l’objet des études plus approfondies, qui conduiront à des stratégies de développement immédiat et futur en ce qui concerne l’estimation des réserves d’huile. 6. CREATION D’EMPLOIS ET LUTTE CONTRE LA PAUVRETE « L’Afrique Centrale est une région bénie de Dieu de par la richesse de son sol et sous-sol. Malheureusement, cette richesse contraste avec l’extrême pauvreté de nos pays qui occupent les derniers rangs sur l’échelle mondiale de la pauvreté ». Déclaration des Evêques d’Afrique Centrale, juillet 2002. Par ailleurs, une étude de FMI sur l’émergence du Golfe de Guinée dans l’économie mondiale est imait que, entre 2002 et 2019, les pays producteurs de pétrole de l’Afrique généreront 350 milliards de $US de revenus ; et encore, ces projections ont été faites sur base d’un baril à 25 $US, alors qu’aujourd’hui, ce baril est arrivé à près de 78 $US depuis juillet 2007. Combien ont rapporté à l’Etat Congolais, à la population du Bas-Congo et à tout ressortissant du Bas-Fleuve, Boma et Muanda, ces centaines de millions de barils de pétrole brut produits et entièrement destinés à l’exportation ? De maniere générale, l’impact positif que les populations locales attendent d’une entreprise qui s’installe chez elles, est d’abord d’ordre social, c’est-à-dire l’amélioration de leur vécu quotidien L’entreprise a ainsi l’opportunité d’améliorer son image auprès de ces populations locales et, par conséquent, créer les conditions de base pour une coexistence pacifique. C’est fondamental ! Ainsi donc, les sociétés pétrolières productrices consentiront leurs efforts pour la prise en compte du volet social au profit d’abord de la province et en suite, des entités locales concernées par leurs activités. Au-delà de ces efforts à fournir, les sociétés pétrolières productrices doivent aussi manifester davantage leur volonté d’innovation et de créativité, avec un aspect significatif au développement de certains secteurs vitaux de l’économie des populations locales ; tels l’agriculture, l’élevage, la pêche, l’éducation, la santé ainsi que les infrastructures de transport et voies de communication. En définitive, la nouvelle configuration de la région côtière du Bas-Congo, telle qu’elle vient d’être décrite, augure, sans nul doute, des bonnes perspectives d’avenir pour nos populations locales. En effet, grâce à l’intensification de nos activités pétrolières sur les six blocs des Rendus Onshore, à la relance de l’exploration-production de la Zone d’Intérêts Communs en Offshore profond, à nos possibilités quant à l’exploitation des sables et calcaires asphaltiques de Mavuma et enfin, à notre force dans le domaine du gaz dissous ou sous forme de gaz-cap, les populations du Bas-Congo et les ressortissants du Bas-Fleuve, Boma et Muanda seront prêts à profiter d’une croissance rentable au cours de la prochaine décennie. 7. CONCLUSION Depuis près de trois décennies, les questions pétrolières continuent à être au centre des préoccupations des autorités politiques nationales, en raison du caractère stratégique des produits pétroliers pour la sécurité du pays et son développement socio-économique. Bien que pour certaines questions de ce secteur, des décisions pertinentes aient été prises par les instances gouvernementales, aucune exécution significative n’a cependant été assurée de manière soutenue jusqu’à ce jour. Nous estimons ainsi que la maîtrise, par l’Etat et par les compétences nationales, de ce secteur stratégique de la vie économique nationale, devra demeurer un objectif prioritaire à atteindre à court terme. En particulier, il importe de rétablir les grands équilibres rompus de ce secteur en même temps que le principe constitutionnel de la propriété de la Nation sur toutes les richesses du sous-sol, y compris les hydrocarbures.

Ressources Naturelles du Bas-Congo (part 4)

Domaine métalogénique Minéralisation Séquence géologique Crétacé - aux roches récentes Phosphates, diamant, hydrocarbures Formations sédimentaires : roches carbonatée, argiles etc… 1. Inkisi Cu-Pb-Zn/Barytine Essentiellement détritiques 2. Mpioka V-Ag-Au Roches rouges + molasse Panafricain WEST Schisto-calcaire Cu-Pb-Zn Essentiellement carbonaté Manganèse CONGOLIEN Mixtite pâte gréso-calcaro-argieuse/Supérieure Schistes + quartzites 3.Haut shiloango pélitiques avec couches carbonatées + horizons arénacés Diamictite Bauxite Pâte argileuse et Inférieure congloméraitss intercalation de schistes + laves associées 4. sansikwa Or Couche arénacée, pélitiques et catbonaté + laves associées 5. MAYUMBIEN Or laves felsiques + shales noirs Zadiniens 6. ZADINIEN Fer Quartzites 7. KIMEZIEN scheelite + monazite marbres marbre de Tombagadio En conclusion : 1. La Province du Bas-Congo est nantie d’une minéralisation aussi abondante que variée. 2. Bien sûr, il n’existe pas de gros gisements semblables à ceux qu’on trouve au Katanga dans le Kibali-Ituri ou au Kasai. 3. Cependant, le Bas-Congo peut mettre à profit certains de ses atouts notamment la présence des ports d’exportation, un réseau routier relativement fiable et la proximité de quelques usines de transformation existant pour élaborer une stratégie cohérente d’exploitation minière. 4. En tout état de cause, il faut renforcer la recherche géologique pour arriver à une meilleure connaissance des gisements. En effet, un gisement dont les réserves sont bien connues équivaut à l’argent quasi comptant auprès des bailleurs de fonds. On est loin de connaître tous les secrets de la géologie du Mayumbe. 5. Une stratégie adéquate tenant compte du Code minier doit être mise en place pour servir de moteur à une exploitation minière cohérente et respectueuse de l’environnement et des spécificités locales. 6. En ce qui concerne particulièrement l’exploitation artisanale des substances précieuses, diamant et Or, des mesures d’encadrement doivent être préalablement prises pour éviter de perturber l’agriculture et l’environnement. 7. La Province du Bas-Congo doit profiter de la mise en place de nouvelles usines notamment la fonderie d’aluminium envisagée par opérateurs, à s’intéresser à ses gisements de bauxite.

Ressources Naturelles du Bas-congo ( part 3)

LES MINERAIS DU BAS-CONGO La Province du Kongo Central veut promouvoir son secteur minier. Il s’agit là d’une initiative noble qui ne peut qu’être encouragée. L’idéal serait que cette nouvelle activité s’intègre harmonieusement dans l’économie de la Province. En effet, l’expérience connue dans la plupart des grands pays miniers du monde ne peut qu’appeler à la prudence. En effet qui se souvient aujourd’hui que la Bolivie fut un grand pays minier au 19ème siècles ? Qui ne connaît pas les tâtonnements que connaît le Pérou ? Et le Chili ? N’eût été les réformes drastiques entreprises au cours des deux dernières décennie, je pense que l’économie chilienne connaîtrait une véritable déconfiture. Je pense qu’on est allé regarder inutilement à l’étranger. Les meilleurs exemples de la déconfiture minière se trouvent dans notre propre pays le Congo. En effet, de très grands ensembles miniers tels que l’OKIMO, CONGO-ETAIN, SMDG, SOMIKIVU, et même la GECAMINES se sont effondrés devant nos yeux et les espoirs d’une relance se sont amenuisés d’années en années. Hier, SENGAMINES a fermé, aujourd’hui c’est le tour de la MIBA ? En fait toutes les sociétés minières du Congo souffrent de la même maladie. Ayant des gisements exceptionnellement riches en teneur et en tonnage, l’industrie minière du Congo s’est chaque fois arrêtée dès lors qu’il fallait investir pour s’attaquer à la roche dure. Tant qu’on ramasse des alluvions ou des éluvions, il n’y a jamais eu de problèmes. Mais dès lors qu’il faut forer … Dès lors qu’il faut rationaliser, dès lors qu’il faut planifier et investir, le château des cartes s’effondre. Les organisateurs m’ont demandé de plancher sur les Minerais du Bas-Congo. Il est bon que nous commencions par définir les termes. Dans mon cours de métallogénie. Je défini le mot « minerai » de la manière suivante : « roche contenant de substances utiles ». Les substances utiles sont celles qui ont une valeur marchande. Le mot « minerai » s’oppose au mot « gangue ». Dans l’esprit de beaucoup ; quand on parle de minerai, il s’agit de métaux. Oui et non. Si demain, nous devons faire une verrerie, le minerai qu’on utilisera c’est du sable, donc du quartz De même, lorsque nous fabriquons de la chaux, le minerai utilisé, c’est du calcaire. Or dans tous les cours de métallogénie, quand on parle de gangue, on parle du quartz ou de la calcite. Dans la notion de minerai, j’ai l’habitude de privilégier l’aspect économique. 1. La Recherche minière Un tour au cadastre minier, laisse apparaître que de nombreux opérateurs s’intéressent à des carrés dans notre province. Dans le passé, la Forminière s’est beaucoup intéressé à la recherche minière dans le Bas-Congo. Après la seconde guerre mondiale, BAMOCO, syndicat de Recherche Minière des Bas et Moyen-Congo. Depuis l’indépendance, notre pays s’est peu intéressé à la recherche minière. Ainsi peu de recherche qui s’effectue au Congo est l’apanage des sociétés minières, des privés et un peu des universités. De plus les Zones d’intérêt se limitent souvent à l’or, au diamant, à la cassitérite et au coltan. Des instances comme le Centre de Recherche Minière (CRGM) n’a pas les moyens pour mener à bien les activités inscrites dans ses statuts malgré un personnel de qualité. En liminaires, tous les efforts à entreprendre dans le secteur minier pour notre Province doivent s’articuler d’abord au renforcement de la recherche géologique et à une meilleure connaissance des gisements connus. Ensuite, il faut essayer de trouver et certifier de nouveaux gisements à partir de la multitude d’indices connus dans la province. Une meilleure connaissance des gisements anciens et nouveaux donnera assurément au Gouvernement de la Province d’importants atouts pour mener à bien une politique minière de développement. N’anticipons pas, je crois que Son excellence Monsieur le Commissaire Général nous entretiendra de tout cela dans son importante communication. 2. Données métallogéniques du Bas-Congo Comme nous le verrons plus loin, le Bas-Congo possède une minéralisation importante et variée. Tant que les études géologiques ne sont pas avancées, il est hasardeux de se permettre une classification des domaines métallogéniques trouvés. Nous faisons nôtre la classification proposée à l’occasion de la dernière géo traverse IGCP-470 / UNESCO (du 6 au 15 décembre 2004) à Kinshasa. Suivant donc Luc Tack et à (2004), nous classons les domaines métallogéniques du Bas-Congo en trois principales classe (en partant du plus ancien au plus jeune. 1. Domaine du Zadinien – Mayumbien 2. Domaine du West Congolien 3. Domaine crétacé et récent. Chacun de ces 3 domaines possède une spécificité tant géologique, tectonique que minérale. En résumé, les minéralisations aurifères appartiennent en priorité au domaine 1 Zadinien-Mayumbien. Ces minéralisations semblent associées aux schistes noirs avec la présence des volcanites felsiques. On pense actuellement qu’il s’agirait d’un volcanisme intra-cratonique. Des occurrences de Sheclite (CaW04) et de Monazite (Ce, La Th) P04 ont été rapportés dans les marbres de Tombagadio. Ces marbres appartiennent au super groupe du Kimezien à la du domaine Zadino-Mayumbien. De même plusieurs occurrences de Fer appartiennent à ce domaine. Leur intérêt économique est relatif. Signalons cependant le Mont Sali dont les réserves en minerai de fer sont grossièrement estimés à 100.000 T. Le minerai est constitué quelque fois de magnétite et d’hématite accompagné de l’omniprésente pyrite, imprégnant irrégulièrement les quartzites rapportés au Zadimien. Les minéralisations cupro-plombo-zinco vanadifère semblent associés au schisto-calcaines semblable par divers aspect au super groupe du Roan au Katanga. Au Bas –Congo, les occurrences de Ca-Pb-Zn sont en relation avec les failles des phases ultimes du Pan africain qui affectent les groupes Schisto-calcaire, MPoku et Inkisi. A maints égards, le gisement de Bamba Kilenda situé à 70 km au Sud de Kinshasa ressemble à celui de Kipushi, de Broken Hill (Zambie) et Tsumeb en Namibie. Ce gisement a été intensément étudié. Une lentille d’environ 2.500 tonnes de chalcocite y a été identifiée. Ce gisement connaît un contrôle tectonique. Dans la partie Est du gisement, la minéralisation devient plus complexe renfermant du cuivre, du Plomb-Zinc et du vanadium. On croit que ce gisement a une épaisseur qui ne dépasse pas les 150 mètres. Des indices et des occurrences plus ou moins importants de Pb-V qu’on croit être épigénétique apparaissent à Nkusu, Muka, Toni, Luvituku, Mangulu sont également connus. Certaines de ces occurrences présentes des indices de cuivre. Ces indices et occurrences se rencontrent dans les parties supérieures du groupe Schisto-calcaire le long d’un faible SW-NE à l’Ouest de Mbanza Ngungu. Signalons en passant que 2500 T de Vanadate de Plomb ont été exploité à Nkusu-Senge par BAMOCO. Bamba Kilenda (Congo-Kin), Mindouli, Mpussu, Mfouabi, Boko au Congo Brazzaville ainsi que Bembe en Angola sont des gisements appartenant à la même épisode du West Congolien Signalons pour terminer ; la présence de Baryte dans la Lukaya. Une importante veine a été exploitée dans les environs de Madimba. De nombreuses autres occurrences ont été signalées et sont généralement liées génétiquement ou Cu-Pb-Zn. Enfin les importantes réserves de calcaires exploitées pour la production du ciment à Lukala et Kimpese appartiennent ou schisto calcaire du West Congolien. Il existe au Bas-Congo un vaste domaine Bauxitique s’étendant sur environ 100 Km de Mbanza Mateke au Sud-Est Kai Mbaku au Nord-Ouest en passant par Isangila, Sumbi, Tsala. Cette Zone bauxitique est étroitement associé au vaste domaine correspondant à des bandes de roches basiques, volcanites et sillo du Mayumbe. Celles –ci forment des bandes parallèles de direction NNW-SSE conforme à la direction structurelle de la chaîne Ouest congolienne. Ces roches basiques sont interstratifiées dans ce que nous appelions hier mixtite et que nous appelons actuellement diamichite inférieure du Bas-Congo et dans le Sansikwa. Les plateaux de Sumbi et Sanzala ont été systématiquement prospecté. Les meilleures bauxites sont constitués de gibbsite, kaolimite et croît avec la profondeur à partir de 5 et 10 mètres. Les teneurs en aluminium peuvent atteindre 48 %. Des minéralisations de Manganèse apparaissent également dans les Schisto-calcaire. Des occurrences importantes ont été observées dans la région du Luozi. On a également trouvé des venues manganésifère dans la Zone de Lufu et dans les latérites de Luvitiku à l’Ouest de Mabanza Ngungu. BHP et le groupe Lédya s’intéressent au manganèse de Luozi. On pense que ces occurrences sont latéritiques. Dans le Domaine métalogènique récent, on doit noter d’abord de nombreuses occurrences de diamant et de minéraux accompagnateurs, grenat, ilmenite et pyroxène. La plupart des rivières de la rive gauche du fleuve Congo prenant leur source en Angola tel que la Ngufu, l’Inkisi, la Kwilu contiennent dans leurs alluvions des diamants. Une pipe Kimberlitique existe à Kimpangu mais il est peu étudié. Des diamants ont été trouvés dans le Mayumbe associé à de l’or dans les bassins de la Bavu et de la Lombe. Des exploitations artisanales d’or et de diamant ont lieu dans les environs de Lukula. Outre les hydrocarbures, gazeux et liquides, signalons l’occurrence de sables et calcaires asphaltiques à Mavuma dans le Territoire de Lukula. Ces roches découvertes en 1913 et ont été exploités de 1952 à 1961. Les sables asphaltiques de Mavuma ont notamment servi aux travaux d’asphaltage de l’aéroport de Muanda, de la route Muanda - Banana et de la route Boma –Tshela. Pour terminer ces énumérations, parlons des phosphates. On estime les réserves de phosphates à environ 100 millions de tonnes d’une teneur allant de 14 à 18 % de P2 O5. Les occurrences les plus importantes sont connues à Fundu-Nzobe, Ngundji, Kuinzi et Vangu. Les phosphites s’étendent de l’Enclave de Cabinda à l’Angola. Ces roches sont associées à des dépôts marins.