lundi 22 mars 2010

La persistenza del particolato di uranio

Le misurazioni di spettroscopia di massa hanno invece mostrato che il livello di contaminazione nei pressi della sorgente era di alcune centinaia di volte più elevato del livello di base Una ricerca congiunta del Dipartimento di geologia dell?Università di Leicester, nel Regno Unito e del British Geological Survey ha riscontrato la presenza di particolato di ossido di uranio sopravvissuto 25 anni nell?ambiente, e la contaminazione di uranio impoverito a circa 6 chilometri dal punto di rilascio. L'uso di munizioni all?uranio impoverito da parte di truppe statunitensi e britanniche in combattimento aveva sollevato molte proteste alcuni anni fa, all?epoca dell?intervento in Iraq. In seguito all?impatto con le armature degli obiettivi, infatti, si produce particolato di uranio ? debolmente radioattivo e chimicamente tossico - che può essere facilmente inalato. Finora, tuttavia, nessuna ricerca è riuscita a documentare la correlazione significativa tra l?esposizione a tale sostanza e l?insorgenza di disturbi o patologie. Una risposta parziale - anche se limitata alla presenza di contaminanti nell'ambiente - viene ora da uno studio circa la persistenza nell?ambiente di una quantità nota di uranio. Nel corso degli anni sessanta e settanta, infatti, vennero emesse in atmosfera circa 5 tonnellate di uranio, in un?area residenziale nei pressi di Colonie, nello Stato di New York. I ricercatori guidati da Randall Parrish, docente di geologia dell?Università di Leicester, hanno raccolto centinaia di campioni di suolo e polvere nello mese di luglio dello scorso anno. Gli stessi campioni, esaminati in seguito grazie a tecniche di microscopia elettronica a scansione, hanno rivelato la presenza di particolato con diametro micrometrico ricco di uranio. Le misurazioni di spettroscopia di massa hanno invece mostrato che il livello di contaminazione nei pressi della sorgente era alcune centinaia di volte più elevato del livello di base. La contaminazione, inoltre, raggiungeva i 35 centimetri di profondità nel sottosuolo e un raggio di 5,8 chilometri di distanza dal sito.

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