Generalità
A tutti gli effetti, la Repubblica Democratica del
Congo è tra i paesi con maggiori ricchezze minerarie al mondo, con una popolazione che vive sugli enormi giacimenti
di minerali potenzialmente economici come il rame, il cobalto, il diamante,
l’oro, il Coltan, lo stagno ecc … Tuttavia, è paradossalmente triste osservare
che la RDC sia tra i paesi economicamente più poveri del pianeta. Secondo il
rapporto mondiale sullo sviluppo umano nel 2013 (PNUD): più del 71% dei
Congolesi vive con meno di un dollaro americano al giorno.
La Repubblica Democratica del Congo può quindi
essere considerato uno scandalo geologico, ma anche e soprattutto uno scandalo
politico per la gestione disonesta delle sue risorse naturali. Le sue ricchezze
fin dal tempo coloniale non hanno mai dato approvvigionamento né alla
popolazione né allo stato Congolese per il suo sviluppo e per il benessere
quotidiano dei suoi cittadini, anzi hanno portato ingiustizie, conflitti e
danni ambientali enormi al paese.
La situazione delle popolazioni nei siti minerari si
è aggravata proprio nel momento in cui
tutti aspirano ad un mondo moderno migliore e sono in uso nuove e efficaci tecnologie
per lavorare meglio e limitare i pericoli nei luoghi di lavoro come quelli del
settore minerario. La mancanza totale
della protezione della parte di
popolazione che lavora nelle miniere, l’inquinamento delle acque
potabili, le emissioni tossiche dalle
fabbriche di trasformazione mineraria, la
contaminazione radioattiva, non preoccupano concretamente né le autorità del
paese né i responsabili delle compagnie minerarie, tanto meno la popolazione
stessa, che non viene istruita
adeguatamente e quindi ignora i rischi salutari e ambientali che ne possono
conseguire.
Destabilizzazione
del settore minerario: impatto sociale
Diversi anni di guerre civili e instabilità politica nella RDC hanno
portato ad uno sviluppo molto informale del settore minerario al quale sono associate problematiche
socio-ambientali (Ad esempio cattive condizioni di lavoro, lavoro minorile nelle miniere, espropriazione
delle terre alle popolazioni autoctone, ecc) e perdite di reddito per lo stato.
Il settore minerario è stato decisamente colpito dalla disintegrazione
dello stato congolese, la corruzione e la distruzione progressiva delle
infrastrutture di base, e dai conflitti armati che ne sono derivati. L’industria mineraria è totalmente caduta nel
1990, anno in cui il regime dell’ex-dittatore MOBUTU ( presidente dello Zaire
d’allora) entrò in crisi con destabilizzazione totale del potere e
dell’autorità dell’ex-dittatore che portò all’accesso al moltipartismo e anche
dovuta alla caduta del mercato delle materie prime che gli portò a rivedere
alla diminuzione delle dotazioni e rimunerazioni delle personalità politiche e
agenti delle amministrazioni pubbliche. Questa situazione ha dato via libera
alla corruzione incontrollabile e al settore informale soprattutto dalle
personalità politici che hanno visto i loro vantaggi diminuire e provocò un’instabilità del clima degli affari
per gli investimenti formali lasciando
spazio alle attività artigianali informali che impiegano centinaia di migliaia
di miniatori tra cui donne e bambini. Come accennato all’inizio del paragrafo,
le guerre tra 1996 e 2003 a Nord e Sud Kivu e Ituri ( regione orientale della
RDC), hanno rafforzato lo sfruttamento illegale dei minerali che ha permesso la
formazione di molte milizie che combattono per prendere il controllo delle
miniere, che risultano utili per
ricavare risorse economiche necessarie
per l’acquisto degli armi. In questo contesto di insicurezza e illegalità,
l’economia mineraria è particolarmente opaca, il che rende molto difficile
l’accesso ad informazioni affidabili e accurate ( ad esempio localizzazione
precisa delle miniere, i volumi di produzione esatti, ecc) e ciò non favorisce
lo sviluppo economico dello stato. Nonostante ciò resta la consapevolezza che
il settore minerario potrebbe risultare il più grande potenziale economico del
paese, e quindi la pace sociale della popolazione congolese in generale e delle
zone minerarie in particolare.
Impatto
ambientale e sociale dello sfruttamento minerario artigianale
a. Impatto
sociale
Le attività
minerarie artigianali in RDC sono più diffuse di quelle industriali a
causa della mancanza di una buona politica mineraria al paese, degradazione
della sicurezza e clima di affari e anche perché le attività artigianali
richiedono pochi investimenti. Queste attività minerarie artigianali sono spesso
associate a degli impatti sociali negativi; il settore minerario artigianale è
molto informale e incontrollato, i gruppi armati in collaborazione con i
multinazionali occupano le terre delle popolazioni locali per svolgere le
attività minerarie, creando l’insicurezza e costringendo queste popolazioni a
migrare verso le zone tranquilli e spesso trovandosi spaesati e abbandonati a
loro proprio sorto. Nelle zone minerarie, l’unico sfoco per gli uomini minorenni
che adulti dopo un pesantissimo lavoro nelle miniere è l’alcolismo e sessualità
e prendono anche droga per avere più forze di lavorare, sono proprio
tossicodipendenti. Nessuna regola di sicurezza sia ambientale che umana non è
applicato a fatto, le persone sono esposte agli inquinamenti dai minerali
tossici e sono costretti a svolgere duri lavori creandole problemi di salute.
Le donne , pur non avendo le stesse capacità
che gli uomini di lavorare nelle miniere, per sopravvivere, si espongono
alla prostituzione sia adulta che
minorile. in queste zone, regna la regola “ chi può, vive, chi non può, non
vive” ciò qualche sia l’età, occorre lavorare nelle miniere per sopravvivere e
i minorenni sono i più sfruttati perché svolgono lavori che non sono alla loro
altezza. le aree minerarie spesso sono zone di conflitti armati teoricamente
tribali o etnici e regna una discriminazione senza precedenza tra le donne
e gli uomini e tra tribù della zona; i militari dei gruppi armati sorvegliano i
lavoratori e si lanciano alle violenze di ogni genere.
-
Lavoro Minorile nei siti minerari
Un numero molto elevato dei bambini e adolescenti
lavorano nel settore minerario artigianale in Repubblica Democratica del Congo,
nonostante sia proibito dalla legge congolese e le convezioni delle Nazioni Unite
ratificate dallo stato Congolese. In
alcun siti minerari si contano fino a circa 40% dei lavoratori minorenni I lavori faticosi che compiono questi minorenni danneggiano la
crescita dei loro organi e le loro ossa e l’esposizione ai minerali, alla
polvere, alle sostanze chimiche e alla radioattività può avere un impatto
ancora più negativo sui minori che sugli adulti.
-
Legalità e lavoro delle donne nelle
miniere
In virtù della costituzione congolese, le donne
hanno legalmente il diritto di lavorare nel settore minerario. Esistono
tuttavia norme a livello regionale e delle strutture di gestione delle miniere
che limitano la capacità delle donne di accedere alle pari opportunità. In
generale pochissime donne vanno a
scavare nelle miniere, almeno che lavori sui residui, nelle zone o carriere a minerali
di basso tenore. Tuttavia, spesso le donne sono coinvolte nel trasporto dei
materiali e trattamento artigianale dei minerali. In queste zone minerarie, le
donne sono spesso vittime delle violenze sessuali sia dai militari sia dai
poliziotti che controllano o le miniere o la zona e prostituzione dai commercianti e minatori,
in più, la mancanza d’igiene e servizi per la sanità e la presenza di un gran
numero di militari attivi e inattivi portatori di diverse malattie come AIDS in
alcune zone, favoriscono un tasso molto elevato di malattie (come diarrea,
VIH/aids, ecc) e problemi di salute e di sicurezza nei siti delle miniere.
b. Impatto
ambientale
Oltre alle problematiche sociali, la coltivazione
mineraria ha grandi impatti sull’ambiente in RDC. Ad esempio, gli alberi sono
tagliati e abbandonati sui siti minerari artigianali per fornire la legna per
costruire i campeggi , sostenere i tunnel e pozzi, come si può vedere sulle figure così come per produrre il carbone . La coltivazione
mineraria artigianale è effettuata generalmente alle vicinanze delle sorgenti e
corsi d’acqua. Le sorgenti che servono
all’acqua per la consumo umano non sono protette e quindi l’acqua è contaminata
dai minerali lavati. Nei siti di estrazione d’oro ad esempio, si usa molto il
mercurio , un elemento
chimico fortemente tossico e cancerogeno che si trova tra i primi posti di
pericolosità sanitaria nella lista dei “
Killer metals” dell’agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti
( EPA) ( G.Tanelli). Quando la miniera
non produce più, i minatori si spostano verso un altro sito senza pensare alla
bonifica dei siti precedenti. Le coltivazioni minerarie sia artigianale che
industriale vengono effettuate anche nelle zone protette, ciò costituisce un
reato secondo il regolamento minerario che vieta la creazione delle zone di
coltivazione mineraria nelle zone protette. Il caso tipico è quello del parco
di Virunga, considerato zona protetta e dichiarato patrimonio dell’umanità
dall’UNESCO in cui si trovano giacimenti
importanti di petrolio. Sebbene gli
accordi per lo sfruttamento di questi giacimenti siano ancora in corso di
trattativa, diverse compagnie petrolifere ( Total, Eni, ecc.) sono già in fase
di prospezione e esplorazione
Migrazione
Oggi le zone minerarie a grande potenziale economico
in RDC sono diventate fuochi di tensioni, di insicurezza e non solo, anche di
battaglia per interessi economici da diverse compagnie private sia nazionali
che straniere. Questa situazione provoca la migrazione dei popoli autoctoni
verso le zone più tranquille, inoltre crea un’ingiustizia senza precedente,
espropriando di forza le terre agli indigeni e distruggendo i loro villaggi
costringendoli quindi di migrare sempre. I popoli più colpiti e quindi più
marginalizzati sono i “Pigmei”,
principalmente i “Mbuti”() che da tempo vivono di caccia, pesca e
agricoltura. I loro villaggi sono costruite in aree in cui sono localizzati mineralizzazioni di interesse economico, le
compagnie minerarie a volte in
complicità con le autorità statali, li espropriano delle loro terre per
sfruttare i minerali come il Coltan
Constant NZ.
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